“Le porte sono soglie: chi le varca lascia un mondo per entrare in un altro.”
Mircea Eliade, storico delle religioni (XX sec.)
La Porta del Pantano Inferiore, situata in Città Alta a Bergamo, è una testimonianza dell’architettura medievale trecentesca. Collegava via della Boccola e via Borgo Canale con piazza Mascheroni, costituendo uno dei principali accessi alla Cittadella Viscontea, centro del potere militare e amministrativo della città.
Il nome “Pantano” deriva dalle antiche zone paludose che si estendevano nei dintorni fino a Villa d’Almè, dove agli inizi del Novecento furono rinvenute due zanne di mammut, oggi conservate nel Museo di Scienze Naturali di Bergamo.
La porta era presidiata da una guarnigione incaricata di controllare gli ingressi e di riscuotere il dazio dovuto da chi entrava in città. Nella parte superiore si trovava il meccanismo della saracinesca, che veniva calata al tramonto e sollevata al mattino, seguendo il suono delle campane. Questo spazio fungeva anche da deposito per armi e strumenti di difesa.
Con l’arrivo della Repubblica Cisalpina nel 1797, l’edificio cambiò funzione: divenne sede della Prefettura e del Dipartimento del Serio, testimonianza del nuovo assetto amministrativo introdotto da Napoleone.
Nel corso dell’Ottocento ospitò la Delegazione del Governo austriaco, segno della dominazione che seguì alla caduta dell’Impero napoleonico. Nel Novecento, la struttura fu adibita ad abitazione privata, per poi essere acquisita dal Comune di Bergamo e mantenuta come passaggio pubblico. Oggi consente il transito di pedoni e veicoli provenienti da via della Boccola.
Sulla facciata si conservano affreschi di difficile interpretazione, tra cui una figura alata che suona una tuba, identificata con la Fama, e una fascia decorata con scene mitologiche: Zeus nutrito dalla capra Amaltea, Leda e il cigno, Europa sul toro e Venere con Amore. Sopra uno stemma nobiliare compare un animale fantastico, forse un cammello, simbolo medievale di discrezione e sobrietà.
Gli affreschi sono stati restaurati nel 1965 da Andrea Mandelli e nel 1991 da Patrizia Fratta, per assicurarne la conservazione e la leggibilità.
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