
“Le torri medievali non furono soltanto difesa, ma anche sfida: l’orgoglio di chi voleva superare l’altro in altezza.”
Cesare Brandi (1906–1988), storico e critico d’arte
A Bergamo, nella zona di Colle Aperto, si trova una costruzione che da secoli suscita curiosità e memoria: la Torre di Adalberto, passata alla storia con il nome di “Torre della Fame”.
L’origine di questa struttura risale al pieno Medioevo, quando la città visse una fase di grandi trasformazioni politiche e militari. Durante il Trecento, infatti, i Visconti di Milano promossero la costruzione della Cittadella, un complesso fortificato che doveva assicurare il controllo sulla città alta. La torre, posta in posizione strategica, faceva parte di questo sistema difensivo e serviva come punto di avvistamento e baluardo contro eventuali attacchi.
Il suo destino cambiò radicalmente nel Quattrocento, quando Bergamo entrò a far parte dei domini della Repubblica di Venezia. In quell’epoca la torre venne adattata a funzioni carcerarie, con particolare uso contro gli evasori fiscali.
Le condizioni di detenzione erano terribili: isolamento, oscurità e scarsità di cibo rendevano la pena una vera tortura. Per questo motivo la popolazione cominciò a chiamarla “Torre della Fame”, un soprannome che ha resistito nei secoli e che testimonia la durezza delle pratiche punitive di quel tempo. Le cronache locali ricordano come i prigionieri, rinchiusi per mesi, fossero ridotti a condizioni disumane, talvolta fino alla morte per stenti.
L’edificio, costruito in pietra arenaria, conserva ancora un dettaglio significativo: l’unico accesso si trova a diversi metri dal suolo ed era raggiungibile solo mediante una scala rimovibile. Questo accorgimento serviva a impedire tentativi di fuga e a garantire la totale sicurezza del carcere.
Con il passaggio al dominio austriaco, tra XVIII e XIX secolo, la torre perse la sua funzione e venne definitivamente abbandonata. Accanto ad essa sorge il palazzo della famiglia Crotta, una dimora nobiliare che ebbe particolare importanza tra Sei e Settecento. Alla famiglia è intitolato il vicino Parco Crotta, posto su un rialzo panoramico.
Restano ancora visibili elementi decorativi che testimoniavano il prestigio della residenza, in particolare il colonnato e il portico del cosiddetto “Passaggio di Adalberto”, che collega Colle Aperto alla Cittadella, unendo in un solo percorso la memoria delle difese medievali e le tracce della vita aristocratica bergamasca.
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