
“L’archeologia non restituisce solo oggetti, ma identità e radici.”
Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte
A Lovere, in provincia di Bergamo, si trova una delle più significative necropoli romane della zona, scoperta tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Duemila. L’area sorge tra il cimitero, la chiesa di Santa Maria in Valvendra e l’attuale ospedale, in un punto che un tempo rappresentava il collegamento tra il centro abitato e la Valcamonica.
Come avveniva spesso nel mondo romano, i luoghi destinati alle sepolture si trovavano all’esterno dei centri abitati, lungo le vie di uscita principali.
Nel tempo sono state scavate oltre 240 tombe, che testimoniano l’uso continuativo dell’area dal I al IV secolo d.C. I primi scavi risalgono al 1907, ma nuove campagne archeologiche nel 1996 e nel 2015 hanno permesso il ritrovamento di circa 215 sepolture, molte delle quali accompagnate da corredi funerari.
Questi oggetti, deposti accanto al defunto, riflettevano lo status sociale del morto e rappresentavano un ideale bagaglio per l’aldilà.
Due corredi emersi nel 1907 sono oggi conservati al Civico Museo Archeologico di Milano. Il primo è stato chiamato “Tesoro di Scipio” per via del nome inciso su alcuni oggetti e comprende vasellame in argento, bronzi pregiati e la celebre “Coppa del Pescatore”, lavorata con grande maestria. Il secondo corredo comprende gioielli in oro, pietre preziose e ornamenti femminili, indice dell’elevato rango della persona sepolta.
Lungo via Gobetti, nei pressi del cimitero, è visibile un’iscrizione latina incisa su una muraglia. Nonostante l’assenza di fonti ufficiali certe, una traduzione fornita da enti locali riporta: “Bartolomeo Laini di Angolo, qui ucciso, morì nell’anno 1077”. Si tratta di una testimonianza di età medievale, forse collegata a episodi di violenza o lotte tra comunità.
Considerato il valore storico dell’intera zona, sarebbe auspicabile una maggiore valorizzazione del sito attraverso pannelli informativi e percorsi guidati.
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