
“Conoscere la storia delle acque significa entrare nel cuore stesso del paesaggio italiano.”
Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e storico dell’ambiente (n. 1959)
Tra il 1876 e il 1881, sotto le mura venete di Bergamo e nei pressi di Porta Sant’Agostino, fu costruito un serbatoio destinato a raccogliere l’acqua potabile per la città. Questo impianto, detto “serbatoio di Sant’Agostino”, fu collegato inizialmente alla sorgente di Bondo Petello, situata vicino ad Albino. Una volta entrato in funzione, garantì un rifornimento regolare alla parte bassa della città, che fino ad allora dipendeva da fonti più limitate.
La parte alta della città, invece, continuava ad essere servita da sorgenti locali, come quelle di Castagneta e Prato Baglioni. Tuttavia, episodi di siccità e problemi di inquinamento spinsero il Comune ad estendere l’approvvigionamento anche alla Città Alta.
Così, nel 1889, l’acqua del serbatoio venne pompata fino al nuovo impianto di Castagneta, costruito per l’occasione con una capienza di 1.000 metri cubi. Da lì, veniva distribuita ai quartieri collinari e stoccata in un ulteriore serbatoio costruito alla Rocca, capace di contenerne altri 500.
Col passare degli anni e con l’aumento della popolazione, fu necessario ampliare il sistema. Nel 1912 venne attivato il collegamento con la sorgente di Algua.
A questa si aggiunsero, nel 1959, le acque del Costone di Casnigo, e infine, nel 1971, quelle della sorgente Nossana, potenziando ulteriormente la rete idrica cittadina.
Oggi il serbatoio di Sant’Agostino è ancora in funzione ed è energeticamente autosufficiente.
Le moderne turbopompe e turbine installate consentono di produrre energia elettrica in eccesso, che viene immessa nella rete nazionale. Secondo il gestore UniAcque, si tratta di circa 400.000 kWh l’anno.
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